La più nota testata giornalistica italiana specializzata in economia, pubblica da qualche anno la lista delle 150 aziende italiane più sostenibili. Le 150 leader della sostenibilità. Per partecipare, è necessario presentare il proprio bilancio di sostenibilità e le proprie performance ESG (ambientali, sociali e di governance). La maggioranza di queste aziende sono quotate in borsa, oppure sono banche ed assicurazioni. Questo significa che sono obbligate dal 2017 a presentare una dichiarazione non finanziaria (DNF) che attesti le performance ESG. Di conseguenza, queste aziende avranno al loro interno dei team dedicati alle tematiche ESG, per preparare e comunicare ai propri azionisti gli adempimenti sociali, ambientali e di governance. Ma in realtà questa non è la sostenibilità di cui la società e il pianeta hanno bisogno. In questo articolo vi vorrei presentare perchè i criteri ESG non sono sufficienti.
Cosa sono i criteri ESG?
Quando si valuta un investimento di lungo termine, è importante non solo guardare alle performance economiche ma anche ai criteri di sostenibilità ambientale, sociale e di buona governance. I criteri ESG. Alcuni tipici esempi:
- emissioni globali di gas serra (E)
- utilizzo di fonti rinnovabili (E)
- consumi idrici ed elettrici (E)
- presenza di donne nel CdA (S)
- dipendenti con disabilità o appartenenti alle categorie fragili (S)
- progetti di carattere sociale e/o beneficienza (S)
- rispetto delle linee guida su anticorruzione (G)
- trasparenza e divulgazione di tematiche di sostenibilità (G)
- stabilità finanziaria (G)
Tuttavia, questi sono solo alcuni esempi. Infatti, questa materia può diventare ben più complicata.
Perchè questo modello non funziona
Per misurare la maggior parte di questi indicatori sono necessarie molte risorse. Sia risorse finanziare per investire in impianti più efficienti o progetti sociali / di beneficienza, sia risorse umane per preparare i report di sostenibilità. Guess what? Il risultato è che solo le grandi aziende si possono permettere di ottenere dei bellissimi rating ESG e attrarre capitali. Eppure la maggior parte di queste aziende non hanno niente a che vedere con la sostenibilità. Volete alcuni esempi?
Il più grande produttore di carne in Italia, fornitore delle principali catene di fast food, fa parte delle 150 aziende più sostenibili del 2020. Non serve essere vegetariani o vegani per capire il controsenso. Con questo non si possono bandire, ovviamente, tutte le aziende che producono carne o plastica o combustibili fossili. Ma per piacere. Non chiamiamole “sostenibili”.
Un altro esempio.
Pensate ad uno dei maggiori marchi di moda che vende scarpe ed abbigliamento a prezzi molto economici. Ecco, sicuramente avranno implementato una serie di bellissime iniziative sostenibili. Fonti di cotone responsabili, progetti solidali, negozi efficienti, rispetto degli animali. Ma si tratta sempre di miglioramenti incrementali che non porteranno davvero dei risultati. Se ad ogni stagione continuiamo a cambiare il nostro guardaroba, allora il problema sta alla base del sistema.
Ecco perchè i criteri ESG non sono sufficienti per una vera transizione ecologica e sociale.
E’ necessario un cambio valoriale non nuove reportistiche
Con questi esempi, vorrei sottolineare l’alto rischio di mescolare aziende davvero sostenibili che stanno cambiando radicalmente i modelli di business con quelle che continuano con il loro “business-as-usual”, ma con una facciata più green e con tanti bei report. E si sta creando tutto un ecosistema per misurare queste performance “sostenibili”. Rating ESG di ogni tipo, tool appositi, certificazioni, normative, tassonomie. Questo non funzionerà se non cambiano i valori e i modelli di business.
I valori sono alla base della sostenibilità, valori che sono andati persi completamente. Come posso parlare di sostenibilità se vivo in un mondo che mi spinge in continuazione a comprare, anche quando non ne ho bisogno, a consumare per darmi un senso di felicità temporaneo, ad usare e gettare, a mangiare cibo spazzatura… Viviamo in un mondo in cui ci preoccupiamo solo dell’immediato, senza pensare al lungo termine.
La soluzione? L’innovazione sostenibile
L’unica soluzione possibile è sradicare gli attuali modelli di business e l’attuale sistema valoriale per focalizzarsi su nuovi modelli:
- riuso
- riparazione
- zero waste
- ri-produzione
- riciclo
- utilizzo degli scarti
- consumo di prodotti locali e stagionali
- artigianato
E molti altri esempi. Rimando al mio articolo sull’economia circolare per saperne di più.
Qui gioca un ruolo centrale il sistema dell’innovazione, di creazione di nuove startup e di supporto alle piccole e medie imprese. Migliaia di startup stanno nascendo per sviluppare questi modelli e se vogliamo davvero salvare il nostro futuro dovremmo investire su questi nuovi modelli di business. Alcuni esempi nella mia pagina About business. La sfida sta nel convogliare capitali, competenze ed esperienza verso l’innovazione sostenibile per poter realizzare la transizione ecologica, quella vera. Il ruolo delle grandi aziende è quello di investire in startup e PMI, di fare open innovation, rendendo questi modelli scalabili. Non è un processo così banale e scontato e solo chi davvero è riuscito a preservare un sistema valoriale potrà avere successo nel lungo termine.